Rinnovo del CCNL Commercio e Terziario

UN ACCORDO A DIR POCO INSUFFICIENTE

Fisascat – Filcams – Uiltucs e Confcommercio hanno siglato il 22 marzo 2024 il rinnovo del CCNL Commercio e Terziario, atteso dalla fine del 2019, e che si aggiunge al Protocollo che le parti avevano già sottoscritto a Dicembre del 2022.

Il testo, nonostante la sua corposità, è però ben lungi dal dare risposte alle problematiche che stanno vivendo i quasi tre milioni di lavoratrici e lavoratori a cui si applicherà.

Alle decine di pagine relative all’introduzione di nuove mansioni, soprattutto per le aziende dei servizi in rete e del terziario avanzato, e i cui impatti bisognerà valutare con l’applicazione che ne faranno le dirigenze, segue un contenuto assolutamente scarno in termini di diritti economici e normativi. In sostanza, non ci sono aumenti salariali che recuperino l’inflazione, né la riduzione degli istituti che hanno reso insopportabile la flessibilità lavorativa. Proviamo ad elencare quali sono gli aspetti più controversi:

  • SALARIO E INFLAZIONE

L’inflazione galoppante degli ultimi anni ha eroso i redditi delle famiglie: i tassi medi calcolati dall’ISTAT sono passati dallo 0% nel 2020, all’1,9% nel 2021, all’8,1% nel 2022, al 5,7% nel 2023, mentre oggi si attesta intorno allo 0,8%.

L’indice ISTAT dei consumi utilizzato per calcolare l’inflazione ha però poco a che fare con i consumi dei lavoratori: infatti, l’incidenza reale sulle classi popolari è in realtà ancora più forte.

Le imprese hanno potuto scaricare i maggiori costi, per esempio delle materie energetiche, aumentando esponenzialmente i prezzi dei beni alimentari cresciuti mediamente del + 44% dal 2019, e continuando a far lavorare le persone dipendenti con stipendi fermi da anni.

Come Flaica – CUB abbiamo sostenuto che per garantire un effettivo recupero salariale, fossero necessari aumenti IMMEDIATI in busta paga di almeno il 20%: quindi oltre 300 Euro per un 4° livello. CGIL – CISL –UIL portano a casa, invece, per lo stesso livello, solo 240 Euro, spalmati in 4 anni (30 € già erogati ad Aprile 2023 – 70 € ad Aprile 2024 – 30 € a Marzo 2025 – 35 € a Novembre 2025 – 35 € a Novembre 2026 – 40 € a Febbraio 2027): un importo ben al di sotto di qualsiasi aspettativa!

A questi seguono due una tantum di 175 Euro ciascuna, ma che rischiano di essere fittizie, perché assorbite dagli Acconti sui Futuri Aumenti già erogati dalle aziende.

Se facciamo i calcoli e dividiamo la cifra totale di 700 € di una tantum per il periodo di “vacanza contrattuale” e quello relativo all’assorbimento dell’AFAC, ci accorgiamo che quest’ultima incide per soli 0,53 centesimi di euro al giorno.

Forse ai confederali non è chiaro che è l’inflazione a falcidiare i salari, oggi e in questi anni!

  • FLESSIBILITA’

Il testo non prevede alcuna misura per limitare i danni nefasti della flessibilità (leggasi precarietà) estrema, a cui sono costretti  i e le dipendenti del settore.

Vengono pertanto confermate le domeniche lavorative in ordinario con la semplice maggiorazione del 30%. Nulla si dice riguardo ai part time “involontari”, ben spesso sotto le 20 ore settimanali, che non garantiscono uno stipendio minimo adeguato e che sono una causa importante del crollo dei salari in questo Paese. Viene salvaguardata la flessibilità organizzativa, per cui le aziende possono aumentare unilateralmente l’orario di lavoro fino a 44 ore settimanali per 16 settimane all’anno, cioè durante i picchi di vendita, pagandole in ordinario e facendole recuperare successivamente.

Per quanto riguarda la flessibilità individuale viene persino introdotta la possibilità di forfetizzazione annuale dell’indennità per l’applicazione delle clausole elastiche (per un importo di almeno 120 € annuali che diventeranno 155 dal 2025): ciò significherà piena libertà per l’azienda di modificare gli orari dei lavoratori part time, a fronte di una misera mancia. Infine i sindacati hanno finito anche per dare piena legittimità al Decreto Lavoro del Governo Meloni, riconoscendo la possibilità per l’azienda di utilizzare contratti a tempo determinato senza causale per i primi 12 mesi, introducendo le causali per i mesi successivi.

Ricordiamo che per il nostro diritto del lavoro è sempre possibile migliorare una legge con un accordo in favore dei lavoratori: CGIL – CISL – UIL avrebbero sicuramente dovuto fare qualcosa di più e richiedere che le causali venissero apposte sin dall’assunzione del contratto a termine. In questo modo sarebbe stato possibile porre un freno all’utilizzo abusivo che si fa di questi contratti precari, utilizzati per coprire strutturali carenze di personale ma senza assumere lavoratori a tempo indeterminato.

  • SMART WORKING

Infine, viene recepito in appendice il Protocollo Nazionale sul Lavoro in modalità agile, siglato il 07 dicembre 2021 anche da alcuni sindacati di base.

L’aspetto che sta spingendo molte imprese del terziario ad introdurre ed estendere questa particolare modalità lavorativa è la possibilità di coniugare una completa individualizzazione della prestazione con un isolamento completo dei lavoratori. Certamente, per chi ne usufruisce esistono varie forme di risparmio (pensiamo solo il non dover prendere la macchina per recarsi al lavoro tutti i giorni della settimana), ma, anche a fronte di questo, molti costi aziendali vengono scaricati su lavoratori e lavoratrici (pensiamo a quelli relativi all’energia o della connessione ad internet).

Molto pericoloso è, per esempio, il passaggio, più volte rimarcato nel Protocollo, per cui lo Smart Working andrebbe inteso come una nuova forma di organizzazione del lavoro improntata ad obiettivi: una logica che lo trasforma in una forma di prestazione autonoma a risultati. Proprio per questo, il lavoro agile si sta caratterizzando per la possibilità delle aziende di estendere ad libitum l’orario di lavoro dei dipendenti, con un aumento dell’indice del loro sfruttamento, in assenza di regole certe e democratiche su rappresentanza e contrattazione, che infatti il Protocollo Nazionale cita a malapena di sfuggita.

Insomma, un rinnovo che aggiunge quasi niente in favore dei lavoratori e che prosegue invece la lunga marcia di precarietà pretesa dalle aziende del settore!

Ciò di cui avrebbero bisogno lavoratrici e lavoratori sono:

  • aumenti salariali immediati di almeno il 20%;
  • abolizione degli Enti Bilaterali e del Welfare aziendale;
  • cancellazione della flessibilità organizzativa e delle clausole elastiche;
  • part-time non inferiori alle 24 ore settimanali;
  • ripristino dell’art. 18 contro i licenziamenti illegittimi;
  • malattia sempre pagata al 100%;
  • internalizzazione di tutti gli appalti;
  • libere elezioni democratiche in tutti i luoghi di lavoro.

PASSA DALLA TUA PARTE… PASSA ALLA FLAICA – CUB!