Sul sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito leggo, in data primo febbraio 2025, le seguenti parole: “Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha firmato due decreti, in corso di registrazione, che prevedono, complessivamente, uno stanziamento di oltre 750 milioni di euro a favore delle Scuole paritarie per l’anno scolastico 2024/2025, con un incremento rispetto all’anno scorso anno di 50 milioni di euro. Le risorse sono così ripartite: oltre 500 milioni di euro destinati a tutte le Scuole paritarie, 163 milioni e 400mila euro per il sostegno agli studenti con disabilità, con un aumento di 50 milioni di euro rispetto allo scorso anno, e 90 milioni riservati alle Scuole dell’infanzia”.
L’ “Agorà della parità” (che racchiude varie associazioni di gestori e genitori di scuole paritarie cattoliche e d’ispirazione cristiana, AGeSC, Cdo Opere Educative-FOE, CIOFS scuola, FAES, FIDAE, FISM, Fondazione GESUITI EDUCAZIONE, Salesiani per la Scuola-CNOS Scuola Italia. Li cito tutti, così la lettrice e il lettore capiscono di chi stiamo parlando), aveva già espresso la propria contentezza per l’incremento di fondi destinati ai disabili nelle scuole paritarie, insieme con qualche contenuta ma netta lagnanza poiché: a) la misura va stabilizzata già dal prossimo anno; b) “l’aumento delle detrazioni fiscali per le spese scolastiche, con il passaggio del tetto massimo da 800 a 1000 euro, rappresenta un segnale positivo ma insufficiente, in quanto consentirà alle famiglie di detrarre solo 38 euro all’anno in più”.
Non è una novità che i fondi destinati alle scuole private divengano più consistenti di anno in anno: nel 2012 il finanziamento era stato di 286 milioni, nel 2017 di 500 milioni, nel 2021 (governo Draghi) di 556 milioni , nel 2022 di 626 milioni, nel 2023 di 676 milioni. E quest’anno, trionfalmente, siamo a 750 milioni.
Nel frattempo per la scuola statale non ci sono incrementi di spesa; anzi! A partire dall’a.s. 2025/2026 si prevede invece una riduzione della dotazione organica: 5.660 di docenti dell’organico dell’autonomia, mentre per gli ATA il taglio di 2.174 unità è rinviato all’a.s. 2026/2027. Per il rinnovo contrattuale i finanziamenti disponibili restano quelli già previsti e legati all’inflazione programmata. Detto più chiaramente: si riuscirà ad avere aumenti-farsa , che copriranno 1/3 dell’inflazione del triennio (cioè aumenti del 6% a fronte del 18% circa di inflazione). Tra le stranezze, il ministro stanzia 122 milioni per il 2025 destinati alla “valorizzazione del sistema scolastico”. Vedremo in quali iniziative si tradurranno.
Insomma, lo Stato, per la propria scuola, ha scarse risorse e per il personale, notoriamente sottopagato, non ha quasi nulla, Eppure 750 milioni di euro migrano verso le “scuole paritarie”. Per commentare tale incongruenza userò le parole che nell’Assemblea Costituente vennero usate dal grande critico letterario Walter Binni per difendere l’idea che lo Stato dovesse, innanzitutto, sovvenzionare la propria scuola. In quella lontana seduta del 17 aprile 1947 così si esprime Walter Binni:
Naturalmente siamo abbastanza ben preparati per saper distinguere la forma più rozza dalla domanda di queste sovvenzioni, la forma cioè diretta della sovvenzione alla scuola, dalla forma più elegante, per cui la sovvenzione è data alle famiglie, agli scolari, o va alle scuole mediante la cosiddetta “ripartizione scolastica”.[…] Ma noi terremo in ogni caso fermo che sovvenzioni a scuole private non si devono dare. Noi non accetteremo e credo di interpretare il pensiero di molti, non accetteremo la richiesta di alcuna sovvenzione a scuole private, perché queste sovvenzioni hanno l’unico risultato di dare maggiore forza alle scuole private diminuendo l’efficienza delle scuole di Stato.[…] se la scuola di Stato, che ha già tante difficoltà e ha un così magro bilancio, dovesse spartire questo magro bilancio con le scuole private, decadrebbe anche dalla situazione in cui attualmente si trova […]
Detto molto bene e in modo incisivo: se lo Stato ha pochi soldi per la sua scuola (che è la scuola di tutti i cittadini) non si può permettere di darne alla scuola paritaria (che è la scuola di una parte dei cittadini). E non vale far appello alla legge di parità; non si vede perché una quota dei soldi della collettività debbano essere spesi per favorire quelle famiglie che, tra l’altro, possono permettersi di pagare una retta per mandare i loro figli ad una scuola privata e, spesso, confessionale. Chi compie legittimamente tale scelta lo fa in base alle proprie convinzioni; ma potrebbe benissimo far frequentare ai propri figli una scuola statale che, ripeto, è la scuola di tutti, senza distinzioni di sesso, razza, colore politico, fede religiosa. È questa scuola aperta a tutti che lo Stato dovrebbe favorire, con la convinzione richiesta dalla difesa di un organo costituzionale, poiché tale era la scuola nel progetto dei padri costituenti i quali, spiace dirlo, anche rispetto alla scuola avevano una visione meno regressiva di quella di tanti, troppi politici contemporanei.
A cura del Centro Studi CUB SUR Milano