DALLA FABBRICA FORDISTA ALLE CATENE DEL VALORE
INTERVIENE PROF. SSA LIDIA GRECO - 17/03/2021
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INTRODUZIONE:
In questo secondo incontro del breve ciclo formativo che abbiamo avviato, fermeremo la nostra attenzione sui profondi cambiamenti intervenuti nell’economia capitalistica con l’affermarsi dei processi di globalizzazione. Gli anni Settanta del Novecento si possono considerare come anni segnati da profondi cambiamenti strutturali delle economie capitalistiche occidentali. In quel decennio, infatti, si combinarono una crisi interna di legittimità delle imprese capitalistiche messe in crisi dall’incalzante iniziativa del movimento operaio organizzato e una serie di forti perturbazioni di carattere economico, determinate principalmente dall’aumento del prezzo del petrolio, dalla saturazione dei mercati occidentali di alcuni beni durevoli (in primo luogo quello dell’automobile) e dalla fine del sistema monetario imposto dagli USA nel dopoguerra, fondato sulla convertibilità tra dollaro e oro. Una combinazione esplosiva destinata a rendere sempre più difficile la riproduzione del regime di accumulazione fordista.
Da quel momento prese avvio la risposta capitalistica. Essa, in un primo momento, si articolò nella ricerca di nuove e maggiori flessibilità nell’utilizzo della forza-lavoro che ponevano grande attenzione al recupero del consenso operaio da un lato e del controllo manageriale sul ciclo produttivo, dall’altro. Sono gli anni delle isole di lavoro, del dibattito su job enlargement e job enrichment, della prima spinta all’automazione nelle produzioni chiave del ciclo produttivo di fabbrica o in quelle più dannose per la salute. Si sperimentano anche forme di decentramento produttivo, geograficamente limitate, e dagli anni ‘80 si avviano processi di disintegrazione verticale delle imprese e di scomposizione dei cicli produttivi che condussero ad una crescente esclusionedellacapacitàoperaiadiinterveniresulgovernodellafabbrica.Negli anni più recenti, però, i processi di scomposizione della produzione hanno assunto una dimensione sempre più internazionale e determinato il passaggio dal modello di organizzazione del lavoroedeiflussidimercieservizifunzionaleallaproduzionedimassaditipo fordista-taylorista ad un diverso modello orientato alla produzione snella che caratterizza il ciclo toyotista- ohnista.
Un tratto distintivo della produzione snella è l’interdipendenza delle diverse funzioni che possono fare capo a unità produttive diverse e localizzate in luoghi anche molto distanti. Proprio da questo aspetto, muove il paradigma organizzativo che è andato sempre di più affermandosi, tanto nel settore industriale quanto in quello dei servizi, quello delle Catene Globali del Valore. In questo modello osserviamo la possibilità di poche grandi aziende di coordinare indirettamente un gran numero di fornitori e sub-fornitori di componenti intermedi che risultano essere formalmente autonomi e sparsi su tutto il pianeta.
Si determina così una trasformazione reticolare dell’economia mondiale che non ha in nessun modo ridotto le differenze di potere economico e politico all’interno del mercato mondiale. Anzi, la nuova divisione internazionale del lavoro, che non si riesce più a racchiudere nella tradizionale dicotomia tra centro e periferia, generalizza rapporti di sfruttamento e di spoliazione di diritti anche in aree del mondo che pensavano ormai di aver acquisito definitivamente alti standard di vita e di consumo. Un fatto che si rispecchia nella travolgente crescita della precarietà nei paesi occidentali
Ecco quindi spiegato come mai le nostre condizioni di lavoro e di vita dipendano sempre di più da una serie di processi economici e politici che scappano a qualsivoglia forma di controllo individuale e richiedono specifiche forme collettive di studio, comprensione e lotta per giungere alla loro radicale messa in discussione.
In conclusione vogliamo sottolineare che, sebbene il modello teorico delle Catene Globali del Valore sia stato assunto dalle principali agenzie ed istituzioni internazionali con l’obiettivo di far acquisire a determinate imprese o territori un posto di rilievo nell’attuale configurazione del mercato mondiale, esso trae origine da una serie articolata di approcci critici allo studio del capitalismo contemporaneo. La nostra scommessa consiste nel recuperare il portato critico di questi approccio per ripensare una pratica sindacale all’altezza dei tempi che stiamo vivendo.
Per aiutarci in questa operazione, abbiamo ritenuto indispensabile invitare la professoressa Lidia Greco, attualmente docente di sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università degli Studi di Bari, cui affidiamo il compito, speriamo non troppo oneroso, di chiarirci gli assunti teorici di base di questo innovativo filone di analisi. Inoltre, le chiederemo anche di focalizzare la sua attenzione su quelle che, sempre a suo modo di vedere, potrebbero essere le strategie sindacali più efficaci da adottare in questo nuovo assetto produttivo.
Come di consueto,a sollecitare la discussione ci saranno le osservazioni delle persone che assistono alla diretta FB e possono interagire tramite la chat associata alla trasmissione mentre nello studio virtuale sono presenti alcuni nostri militanti: i compagni Delio e Rita della FCA di Cassino, Marco dell’Ikea di Brescia, persone che hanno esperienza diretta dei processi di ristrutturazione realizzati negli ultimi decenni e delle conseguenze che comportano.