CHIUSO IL RINNOVO DEI CONTRATTI DEL COMPARTO COMMERCIO, TERZIARIO E GRANDE DISTRIBUZIONE
DI MALE IN PEGGIO…
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Il 23 aprile è stato siglato il rinnovo del CCNL Distribuzione Moderna Organizzata, che ha così chiuso il cerchio dopo i rinnovi dei CCNL Commercio, Confesercenti e della Distribuzione Cooperativa.
I contenuti sono pressoché gli stessi: non ci sono aumenti salariali che recuperino l’inflazione, né la riduzione degli istituti che hanno reso insopportabile la flessibilità lavorativa. Insomma: tutti e quattro gli accordi di rinnovo sono ben lungi dal dare risposte alle problematiche che stanno vivendo gli oltre tre milioni di lavoratrici e lavoratori a cui verranno applicati. I tasti più dolenti sono gli stessi:
AUMENTI SALARIALI INSUFFICIENTI
L’inflazione galoppante degli ultimi anni ha eroso i redditi delle famiglie: i tassi medi calcolati dall’ISTAT sono passati dallo 0% nel 2020, all’1,9% nel 2021, all’8,1% nel 2022, al 5,7% nel 2023, mentre oggi si attesta intorno allo 0,8%.
L’indice ISTAT dei consumi utilizzato per calcolare l’inflazione ha però poco a che fare con i consumi dei lavoratori: infatti, l’incidenza reale sulle classi popolari è in realtà ancora più forte.
Le imprese hanno potuto scaricare i maggiori costi, per esempio delle materie energetiche, aumentando esponenzialmente i prezzi dei beni alimentari cresciuti mediamente del + 44% dal 2019, e continuando a far lavorare le persone dipendenti con stipendi fermi da anni.
Come Flaica – CUB abbiamo infatti sostenuto che per garantire un effettivo recupero salariale, fossero necessari aumenti IMMEDIATI in busta paga di almeno il 20%: quindi oltre 300 Euro per un 4° livello. CGIL – CISL –UIL hanno portano a casa, invece, per lo stesso livello, solo 240 Euro, spalmati in 4 anni (30 € già erogati ad Aprile 2023 – 70 € ad Aprile 2024 – 30 € a Marzo 2025 – 35 € a Novembre 2025 – 35 € a Novembre 2026 – 40 € a Febbraio 2027): un importo ben al di sotto di qualsiasi aspettativa e che non consente in alcun modo di recuperare neanche un terzo dell’inflazione che ha gravato e continua a gravare sulle famiglie.
A questi seguono due una tantum di 175 Euro (la prima verrà erogata a luglio 2024 e la seconda a luglio 2025). Con la formulazione contenuta nel primo accordo siglato per il Commercio, l’unatantum avrebbe persino rischiato di essere assorbita dagli Acconti sui Futuri Aumenti (AFAC) già erogati dalle aziende da aprile 2023.
A seguito della nostra denuncia, CGIL – CISL – UIL e Confcommercio sono dovute correre ai ripari, siglando con sei giorni di ritardo un nuovo accordo integrativo per scongiurarne l’assorbimento, evitando così che i lavoratori, oltre al danno, subissero anche la beffa!
Nonostante ciò, rimane però poco da festeggiare, perché se prendiamo la cifra totale di 700 € di una tantum (350 € erogati nel 2023 a seguito del protocollo firmato a dicembre 2022, più i 350 con gli attuali rinnovi) per il periodo di “vacanza contrattuale” (dal 2020 sino ai primi tre mesi del 2023) ci accorgiamo che l’unatantum incide per soli 0,69 centesimi di euro al giorno.
Forse ai confederali non è chiaro che è l’inflazione a falcidiare i salari, oggi e in questi anni!
FLESSIBILITA’ IMPERANTE
I rinnovi non prevedono alcuna misura per limitare i danni nefasti della flessibilità (leggasi precarietà) estrema, a cui sono costretti i e le dipendenti del settore.
Vengono pertanto confermate le domeniche lavorative in ordinario con la semplice maggiorazione del 30%. Assolutamente misera è la misura contenuta nel CCNL DMO per innalzare il minimo dei part-time da 17 a 20 ore. Come Flaica –CUB riteniamo invece che i part-time non dovrebbero essere inferiori alle 24 ore settimanali.
Viene salvaguardata la flessibilità organizzativa, per cui le aziende possono aumentare unilateralmente l’orario di lavoro fino a 44 ore settimanali per 16 settimane all’anno, cioè durante i picchi di vendita, pagandole in ordinario e facendole recuperare successivamente.
Per quanto riguarda la flessibilità individuale viene persino introdotta la possibilità di forfetizzazione annuale dell’indennità per l’applicazione delle clausole elastiche (per un importo di almeno 120 € annuali che diventeranno 155 dal 2025): ciò significherà piena libertà per l’azienda di modificare gli orari dei lavoratori part time, a fronte di una misera mancia.
Infine i sindacati hanno finito anche per dare piena legittimità al Decreto Lavoro del Governo Meloni, riconoscendo la possibilità per l’azienda di utilizzare contratti a tempo determinato senza causale per i primi 12 mesi, introducendo le causali per i mesi successivi.
Ricordiamo che per il nostro diritto del lavoro è sempre possibile migliorare una legge con un accordo in favore dei lavoratori: CGIL – CISL – UIL avrebbero sicuramente dovuto fare qualcosa di più e richiedere che le causali venissero apposte sin dall’assunzione del contratto a termine. In questo modo sarebbe stato possibile porre un freno all’utilizzo abusivo che si fa di questi contratti precari, utilizzati per coprire strutturali carenze di personale ma senza assumere lavoratori a tempo indeterminato.
SMART WORKING E LAVORO A OBIETTIVI
Infine, nel contratto del Commercio, che copre quasi 3 milioni di lavoratori molti dei quali in aziende del terziario avanzato, viene recepito in appendice il Protocollo Nazionale sul Lavoro in modalità agile, siglato il 07 dicembre 2021 anche da alcuni sindacati di base.
L’aspetto che sta spingendo molte imprese ad introdurre ed estendere questa particolare modalità lavorativa è la possibilità di coniugare una completa individualizzazione della prestazione con un isolamento completo dei lavoratori. Certamente, per chi ne usufruisce esistono varie forme di risparmio (pensiamo solo il non dover prendere la macchina per recarsi al lavoro tutti i giorni della settimana), ma, anche a fronte di questo, molti costi aziendali vengono scaricati su lavoratori e lavoratrici (pensiamo a quelli relativi all’energia o della connessione ad internet).
Molto pericoloso è, per esempio, il passaggio, più volte rimarcato nel Protocollo, per cui lo Smart Working andrebbe inteso come una nuova forma di organizzazione del lavoro improntata ad obiettivi: una logica che lo trasforma in una forma di prestazione autonoma a risultati. Proprio per questo, il lavoro agile si sta caratterizzando per la possibilità delle aziende di estendere ad libitum l’orario di lavoro dei dipendenti, con un aumento dell’indice del loro sfruttamento, in assenza di regole certe e democratiche su rappresentanza e contrattazione, che infatti il Protocollo Nazionale cita a malapena di sfuggita.
Insomma, parliamo di rinnovi che non aggiungono quasi niente in favore dei lavoratori ed anzi, in cui questi ultimi sono stati chiamati a scioperare, mentre poi i sindacalisti ai tavoli della “trattativa” hanno consentito alle aziende di poter proseguire la loro lunga marcia in favore della precarietà.
Lavoratrici e lavoratori, che in questi anni hanno sentito gravare sulle proprie spalle tutte le fatiche del periodo del Covid e dell’inflazione oggi, avrebbero avuto invece bisogno di una trattativa seria, basata su:
- aumenti salariali immediati di almeno il 20%;
- abolizione degli Enti Bilaterali e del Welfare aziendale;
- cancellazione della flessibilità organizzativa e delle clausole elastiche;
- part-time non inferiori alle 24 ore settimanali;
- lavoro domenicale solo se volontario e pagato in straordinario;
- ripristino dell’art. 18 contro i licenziamenti illegittimi;
- malattia sempre pagata al 100%;
- internalizzazione di tutti gli appalti;
- libere elezioni democratiche in tutti i luoghi di lavoro.
PER TUTTI QUESTI MOTIVI E’ TEMPO DI ORGANIZZARSI CON IL SINDACATO CHE STA VERAMENTE DALLA TUA PARTE… CON LA FLAICA – CUB!