RELAZIONE ANNUALE DEL GARANTE NAZIONALE CAMERA DEI DEPUTATI

Il 20 giugno scorso a Roma il Garante Nazionale ha presentato la sua relazione annuale, prestando particolare attenzione alle RSA-Residenze Sanitarie per Anziani e sulle strutture per il ricovero e la cura di persone soggette a disabilità, in generale alle varie forme di residenzialità presenti sul territorio nazionale, che arrivano a contare 420.000 posti letto.

Il Garante ha evidenziato tre aspetti in particolare, formulando delle specifiche osservazioni in merito alle richieste da sottoporre al Legislatore.

In primo luogo è stato sottolineato come i dati disponibili siano datati, risalendo gli ultimi forniti dall’Istituto Superiore di Statistica al 2018; la classificazione delle strutture per disabili che scompaiono quando i degenti superano il 65esimo anno di età, a quel punto tutto viene catalogato nel novero delle strutture per anziani andando così a perdere una connotazione che richiede interventi specifici; infine è stata evidenziata la grande disomogeneità territoriale, si pensi che il numero dei posti letto disponibili in tutto il Sud è circa la metà di quello della sola regione Lombardia.

Da questa disamina, per il Garante discende la necessità di una riflessione complessiva sul sistema delle RSA, che nella maggior parte dei casi sono strutture private accreditate, nonché sui criteri di accreditamento che sono calibrati sul numero di stanze e letti per ciascuna camera oltre ad ambienti comuni. Con la chiusura di questi ultimi in era Covid (che per le strutture sanitarie permane tal quale) si è verificata l’impossibilità del loro utilizzo, costringendo i degenti a restare confinati presso la propria stanza con il letto divenuto il luogo unico della residenzialità. Molte volte il Garante aveva sollecitato la riapertura controllata e in sicurezza degli spazi comuni e troppe volte le indicazioni pur date dal Ministero della Salute, sottolinea il Garante nella relazione, non hanno trovato compimento, disattese a livello regionale perché affidate alla discrezionalità dei gestori delle singole strutture. Questo ha provocato danni agli ospiti, che in gran numero hanno riportato un regresso cognitivo importante.

 

La proposta del Garante

 

L’analisi dei dati raccolti ha portato il Garante a formulare una duplice proposta, accogliendo alcune delle richieste e rivendicazioni di Associazioni e Sindacati, in primis la Confederazione Unitaria di Base – Cub Sanità, per una riflessione di ampia portata sulla risposta istituzionale alle fragilità, siano esse dovute all’età, alla disabilità o più in generale a bisogni specifici, così da riconfigurare l’attuale modello, parallelamente all’istituzione di un registro nazionale effettivo che possa dare un quadro con continuità delle situazioni e che indichi come e dove intervenire.

 

[Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (GNPL) è un organismo indipendente con potere di controllo sui luoghi di privazione della libertà personale, quali gli istituti penitenziari, i luoghi di polizia, i centri per gli immigrati, le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS, istituite dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari), i trattamenti sanitari obbligatori, le residenze per anziani, istituito presso il Ministero della Giustizia dal dl. 23 dicembre 2013 n. 146].

 

Il commento della Cub

 

Enrica Gabelli, della Cub Sanità di Milano e referente nazionale Coordinamento Nazionale Parenti e Associazioni Lavoratori-Conpal, chiarisce ulteriormente il quadro di riferimento, data la conoscenza in prima persona delle problematiche che i parenti dei degenti nelle RSA rivolgono alle istituzioni, spesso inascoltati, da cui la decisione di costituire un organismo come il Conpal.

“A livello nazionale è infatti prepotentemente emerso il bisogno di veder riconosciuti diritti sia dei degenti che dei loro parenti, in particolare a seguito delle restrizioni imposte dalla Covid-19. I direttori sanitari delle strutture – residenze per anziani, disabili o pazienti psichiatrici – negli ultimi due anni hanno infatti applicato un’altissima discrezionalità rispetto agli orari di visita, impedendo di fatto in molti casi la possibilità di incontrare i propri parenti, aprendo le strutture solo per poche ore non tutti i giorni e in orari lavorativi, impedendo magari l’accesso ai visitatori nei fine settimana.

L’isolamento sociale, come notorio, produce dei danni ai degenti che si vanno via via chiudendo in sé stessi con l’effetto di una più celere e consistente perdita delle capacità cognitive. Per questo è stato costituito Conpal, al momento attivo in particolare in Veneto, a Perugia, Milano, Reggio Emilia, Firenze e Roma.

La spinta a costituire questo coordinamento è venuta proprio dai parenti dei residenti in queste strutture, a cui si sono associati anche degli operatori del settore. Il problema principale che affligge queste strutture, e ben prima dell’emergenza pandemica che ha solo peggiorato il quadro, è la cronica carenza di personale per cui l’assistenza agli ospiti risulta carente, di fatto negando alle persone il diritto a ricevere cure adeguate e ai lavoratori di essere in numero tale da poter svolgere con cura il proprio compito.

Come sindacato Cub a Roma abbiamo portato la richiesta che i criteri di accreditamento per quanto concerne il personale siano nazionali e non, come avviene ora, lasciati a discrezione delle singole Regioni. In tal modo si eviterebbe che solo gli Enti territoriali con maggiori risorse investano quanto necessario per questi servizi, innalzando così il livello generale. Ad essere stabiliti a livello nazionale sono invece solo le metrature delle stanze, i punti luce, la tipologia di servizi igienici, quindi gli aspetti strutturali e non quelli relativi al personale.

Il risultato in cui assistiamo – spiega Enrica Gabelli – è così una spinta sempre più decisa da parte delle Regioni a privatizzare questa tipologia di servizio con numerose strutture private, anche di proprietà di vere e proprie multinazionali che poi danno in gestione a cooperative che assumono gli operatori con contratti da fame. Le conseguenze sull’organizzazione del lavoro sono evidenti, avendo come modello quello di stampo taylorista che veniva applicato nelle catene di montaggio delle prime imprese automobilistiche. Ma qui si tratta di persone da accudire e non di pezzi da assemblare per costruire una macchina.
Il numero di personale necessario a una determinata struttura viene infatti calcolato, con sfumature più o meno accentuate, stabilendo le unità in base al calcolo del cosiddetto ‘minutaggio’: viene calcolato il tempo necessario per ciascuna delle varie operazioni da svolgere – pulizia, somministrazione dei pasti, rifacimento dei letti, controlli medici – passando poi a spalmare sui vari turni il numero di lavoratori appena sufficiente.