LO SCIOPERO DELLA CLASSE OPERAIA NEGLI STATI UNITI CONTRO LE BIG THREE
LEZIONI DA OLTRE OCEANO
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Da Giovedì 14 settembre è iniziato – dopo il fallimento delle trattative per i rinnovi contrattuali aziendali – lo sciopero dei lavoratori dell’auto statunitensi negli stabilimenti dei tre colossi mondiali General Motors, Ford e Stellantis. Le richieste avanzate dall’United Auto Workers (UAW) sono chiare: a fronte della crescita esponenziale dei profitti conseguiti negli ultimi anni dalle tre case automobilistiche, il sindacato rivendica aumenti salariali del 40%, maggiore sicurezza dei luoghi di lavoro, miglioramenti nell’assistenza sanitaria e riduzione dell’orario di lavoro settimanale a 32 ore.
Anche se la decisione di indire lo sciopero era stata votata dal 97% degli iscritti al sindacato, i management delle tre aziende avevano provato, in queste ultime settimane, a scongiurare l’esplosione del conflitto proponendo diverse bozze di accordi con un parziale accoglimento delle richieste. Proposte che sono sempre state rispedite al mittente, perché considerate inconsistenti, con il presidente della UAW Shawn Fain che, durante una diretta Facebook, ha strappato e gettato in un cestino la proposta di accordo formulata da Stellantis.
Certo, la UAW di oggi non ha più la forza del 1945 quando, sotto la guida di Walter Reuther, bloccò con 113 giorni di sciopero la General Motors, realizzando quello che è passato alla storia come il più lungo sciopero nazionale contro GM. In ogni caso, i lavoratori e le lavoratrici dell’automotive stanno dimostrando con i fatti che, anche oggi, è possibile tornare a scioperare e bloccare la produzione nei punti alti dello sviluppo capitalistico per chiedere maggiori salari, diritti e condizioni di lavoro dignitose. La retorica sulle compatibilità economiche e sulla “responsabilità” – sbandierata ai quattro venti da politici, giornalisti e presunti esperti – non ha attecchito di fronte ad una rabbia sociale che da tempo, negli Stati Uniti, sta offrendo la base per inedite forme di lotta in grado di collegare classe, razza e genere.
A questo proposito, le lezioni che provengono da oltre oceano rappresentano non solo la più completa smentita delle tesi “compatibiliste” verso l’ordine costituito che vanno ancora per la maggiore, ma mettono in crisi anche le idee di chi – alle nostre latitudini – vorrebbe che il sindacato abbandonasse la centralità dell’organizzazione operaia nei luoghi di lavoro (siano essi una fabbrica, un ospedale, un supermercato, un ufficio, ecc…). La convinzione, in sostanza, che sia arrivato il momento di trovare “nuovi soggetti sociali” – dispersi sul territorio – in grado di spingere le mobilitazioni, associata alla inevitabile necessità ed opportunità (sic!) di sottostare a qualsiasi accordo imposto dal padronato (dapprima sulla rappresentanza, per poi passare alla firma dei contratti nazionale di settore) per permettere la sopravvivenza economica ad un piccolo nucleo di dirigenti “nazionali” completamente autoreferenziali. L’investimento privilegiato nei servizi di CAF e Patronato non potrà che essere, in definitiva, la lineare degenerazione da un “sindacato di base e di classe”, che fa del protagonismo dei lavoratori e delle lavoratrici il centro della propria elaborazione ed attività, verso un “sindacato dei servizi” con pratiche reali da sindacato autonomo di destra.
Quali sono, in conclusione, gli elementi per poter rilanciare un autentico protagonismo della classe lavoratrice?
- Una pratica di ampia democrazia nel sindacato e di completa autonomia dai padroni, dai partiti e dai governi è ciò che permette di valorizzare e non mortificare le spinte conflittuali dei lavoratori e delle lavoratrici;
- Basta con la mistica degli scioperi generali rituali non collegati ad una reale agitazione dei lavoratori e delle lavoratrici sui luoghi di lavoro;
- Conflitto e contrattazione collettiva sono gli strumenti con cui il sindacato impone equilibri sociali più avanzati a favore della classe operaia e dei ceti popolari;
- L’organizzazione dei lavoratori salariati sui luoghi di lavoro deve essere il compito principale del sindacato se vuole contrastare con efficacia il potere del capitale.
Non esistono scorciatoie, le nostre radici ci indicano la strada dalla quale ripartire per riaprire anche in Italia, in connessione con le più avanzate esperienze di lotta in giro per il mondo, una nuova stagione di lotte!
Centro Studi CUB Milano