Allergica al lattice, viene licenziata dal San Raffaele per presunta “assenza ingiustificata”: ora il tribunale ordina il reintegro
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Il Fatto Quotidiano 28.03.2023
Era stata licenziata a giugno dal San Raffaele di Milano dopo l’insorgere di problemi di salute per un’allergia al lattice. Una storia paradossale per un ospedale, dove di solito la gente malata viene curata piuttosto che licenziata. Ora il tribunale ha stabilito che quel licenziamento era illegittimo e ha dunque disposto il reintegro della lavoratrice e un risarcimento pari agli stipendi non percepiti in questi mesi. È un giorno di gioia che la ripaga di “nove mesi di calvario” per Nicoletta Negri, 52 anni, di cui ilfattoquotidiano.it aveva raccontato la vicenda proteggendola con il nome di fantasia Silvia. Un accorgimento necessario visto che dopo il licenziamento Nicoletta, madre single, si era messa subito a cercare un nuovo lavoro per continuare a mantenere la figlia da poco maggiorenne e a pagare il mutuo della casa Aler riscattata. Purtroppo Nicoletta un nuovo lavoro non l’ha trovato e, senza stipendio da giugno ma con la sola Naspi, non è riuscita più a far fronte alle rate del mutuo e alle spese condominiali. Così nei mesi scorsi ha dovuto vendere la casa. Ma per lei oggi è ugualmente un momento di rivalsa: “Non bisogna mai mollare – dice – bisogna sempre lottare per i propri diritti e crederci fino in fondo, perché alla fine la giustizia vince su tutto”.
Il giudice del lavoro di Milano Giorgio Mariani ha ritenuto veritiera la sua versione dei fatti, smentendo quella proposta dai vertici dell’ospedale fondato da don Luigi Verzè, oggi parte del gruppo San Donato: da parte di Nicoletta non c’è stata alcuna assenza ingiustificata dal lavoro nelle settimane successive a un attacco di allergia al lattice. Nicoletta lavora al San Raffaele da quasi 30 anni. Prima era un’operatrice socio-sanitaria, ma col tempo ha sviluppato l’allergia. Per questo anni fa è stata spostata negli uffici amministrativi, dove a novembre del 2021 ha un attacco allergico dopo che negli uffici sono stati somministrati vaccini anti Covid agli impiegati e lei è venuta inevitabilmente a contatto con il lattice. Finita al pronto soccorso, fa partire una segnalazione alla direzione generale per denunciare che ambienti di lavoro ad uso amministrativo sono stati utilizzati per un’attività ambulatoriale, introducendo rischi non previsti.
Dopo l’incidente viene spostata al settore Fisica sanitaria, dove però ha un altro attacco allergico tanto da necessitare ancora di cure al pronto soccorso. Il medico competente a quel punto stabilisce una “inidoneità temporanea” a lavorare in Fisica sanitaria. Nicoletta chiede alla direzione del personale una ricollocazione e attende notizie in aula sindacale, cioè l’ufficio a disposizione delle attività sindacali, dove va ogni giorno comunicando la sua “messa a disposizione”. Ad aprile dell’anno scorso il medico competente le ridà l’idoneità seppure con la limitazione di non venire a contatto col lattice. Nel frattempo però le sue mansioni e la sua scrivania sono state assegnate a un’altra collega. Così Nicoletta continua ad andare in aula sindacale timbrando il cartellino, in attesa che le risorse umane le facciano sapere quale sia la sua ricollocazione. E invece un giorno le arriva a sorpresa una lettera in cui le viene contestato di essere stata “assente ingiustificata” per nove giorni, con la conseguenza della sospensione temporanea dal lavoro. È la premessa del licenziamento di giugno “per giusta causa”, che la lascia senza stipendio.
Una giusta causa che però non c’era: “La ricorrente non può dirsi essere stata assente ingiustificata. Si può concludere che Negri Nicoletta si era adoperata nei confronti della propria datrice di lavoro, ricevendo risposte vaghe e mai riscontri certi o comunicazioni scritte”, scrive il giudice dopo aver ascoltato alcuni testimoni tra i lavoratori del San Raffaele. Il licenziamento è stato dunque dichiarato illegittimo, sebbene sia stato escluso, per difetto di prova, il motivo ritorsivo chiesto dai legali di Nicoletta, Simonetta Ferro e Nicola Solfrizzo. “Ci auguriamo che i vertici dell’ospedale abbiano imparato la lezione e la ricollochino in un posto idoneo alle sue condizioni di salute”, dice Margherita Napoletano, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls) e delegata sindacale della Cub. “Ora anche altri colleghi prenderanno coraggio, perché il caso di Nicoletta era stato utilizzato come spauracchio per spingere i lavoratori a non rivolgersi all’Rls e al sindacato, utili per la tutela della loro salute e dei loro posti di lavoro”.