Bandiere CUB Milano

IL LAVORO NEL CAPITALISMO: TRASFORMAZIONI DELL'ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E CONSEGUENZE SUI LAVORATORI

INTERVIENE PROF. PAOLO BARRUCCI - 03/04/2021

INTRODUZIONE:

 

Buonasera a tutte le persone in ascolto,

iniziamo il terzo incontro di un ciclo formativo che abbiamo intitolato “IL LAVORO CHE CAMBIA”, con il quale ci siamo proposti di affrontare le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro. Questa sera il nostro ospite principale è Paolo Barrucci, docente di sociologia generale e politiche sociali all’Università degli studi di Firenze, che ringrazio per la disponibilità. Le sue riflessioni saranno sollecitate da domande e testimonianze proposte dai componenti il nostro studio virtuale che stasera ospita:

  • me, Natale Alfonso della Segreteria Nazionale CUB,
  • Mattia Scolari della Flaica-Cub Milano,
  • Enrico Mandelli, operaio dei servizi Rosa Grand-Starhotels;
  • Fabrizio Portaluri, operaio di produzione Pirelli;
  • Fabio Scolari del Centro Studi

 

Le persone che ci seguono sulle pagine FB collegate possono usare la chat per rivolgere le loro domande o formulare commenti. Chi volesse approfondire il lavoro del nostro ospite può leggere le sue pubblicazioni che qui ricordo:

  • “Fattore Lavoro e qualità totale, tra innovazione e mutamenti organizzativi”(1996);
  • “Economia Globale e Sviluppo locale Per una dialettica della modernità avanzata”(1998);
  • “Le divisioni del lavoro sociale. Dagli spilli di Smith alle catene transnazionali del valore” (2016). Franco Angeli Editore.

 

In questo ciclo di incontri stiamo conducendo una riflessione generale sul lavoro e i suoi cambiamenti. La prima domanda, forse ovvia, sorge in relazione alla natura di questa attività specificatamente umana nell’ambito della formazione sociale data. In altre parole si riferisce alla funzione e al senso del lavoro umano nelle società capitalistiche contemporanee. Ad essa si associano interrogativi sulla forma di erogazione del lavoro nel tempo. Cioè su come questo sia stato diviso, scomposto e riorganizzato; per quali scopi e con quali conseguenze sulla classe lavoratrice.

Cerchiamo di dare risposte a queste domande perchè riteniamo che esse siano la premessa necessaria per comprendere l’attuale condizione di soggezione dei lavoratori, ripensare i modi della loro organizzazione nella società moderna, mettere a punto un’efficace strategia di azione sindacale.

Nei due appuntamenti precedenti abbiamo trattato, con Ricardo Antunes e Lidia Greco, il modo in cui la classe lavoratrice si è (o è stata) ridefinita, su scala mondiale, negli ultimi decenni e come, in contemporanea, le imprese capitalistiche abbiano modificato le loro strutture interne di funzionamento. Oggi chiediamo a Paolo Barrucci di aiutarci a situare in una prospettiva storico- politica questi cambiamenti.

È noto infatti che la riorganizzazione mondiale del capitalismo e la svolta neo liberale avviate nella seconda metà del secolo scorso siano fondate anche su un percorso di colonizzazione ideologica delle classi subalterne e della società in genere. Perciò, come ci ha ricordato Ricardo Antunes, non sono mancatigli studiosi occidentali che, in vari modi, si sono dedicati a celebrare la fine del lavoro e della centralità della classe operaia. Tra questi vi fu chi si spinse perfino a pronosticare la “fine della storia”argomentandochelesocietàliberalirappresenterebberolatappadefinitivadellastoria

 

umana, una condizione dalla quale non sarebbe possibile peggiorare. Evidentemente ignorava l’incessante moto auto rigenerativo del capitalismo, il suo attraversare periodiche crisi di sovrapproduzioneeilprocessopercui,nellostessomomento,sigettanosullastricomassecrescenti di lavoratori e lavoratrici per offrire al capitale la possibilità di ripensare complessivamente i propri meccanismi di valorizzazione attraverso la rimodulazione dello sfruttamento del lavoro.

Una serie di mistificazioni teoriche, utili a veicolare l’idea che il sistema capitalistico, uscito vincente dalla guerra fredda, fosse non solo l’unico orizzonte possibile ma anche la sola via per garantire lavoro e benessere. È evidente che costoro, le cui idee raggiungevano il massimo richiamo a cavallo tra20°e21° secolo,proiettavano visioni apologetiche dello sviluppo capitalistico e contribuivano, per questa via, a costruirne le fortune e l’ascesa così come, parallelamente, contribuivano al declino della capacità d’iniziativa del movimento dei lavoratori. Un muoversi in direzione opposta degli strati della società e degli interessi di cui sono portatori che dimostra, in modo plastico, l’esistenza della lotta di classe e rappresenta la società capitalistica come il vasto campo in cui si conduce quella battaglia.

Non a caso quelli sono proprio gli anni in cui la CUB si costituisce, in opposizione alla deriva moderata del movimento sindacale di allora, per offrire ai lavoratori un’organizzazione che ne difendesse gli interessi e le condizioni di vita e lavoro contro l’offensiva neoliberale e in netta alternativa a quel lungo percorso che ha condotto CGIL-CISL-UIL a continui arretramenti sul piano dei diritti e del salario oltreché ad essere garanti della pace sociale.

Iniziammo allora, in linea con quanto ci legava alle tradizioni migliori della storia del movimento operaio italiano, lo sviluppo di una riflessione teorica e politica che, da un punto di vista classista, ci permettesse un confronto alla pari con le controparti sociali, istituzionali e gli avversari politici. Una riflessionecheproseguiamoancoraoggibensapendocheilnostrosforzodiapprofondimentoteorico è legato essenzialmente a una scommessa politica: promuovere il necessario ripensamento di un’efficace strategia di azione sindacale a partire proprio dallo studio attento sia dei diversi modelli di organizzazione del lavoro sia del loro impatto sulla struttura della classe lavoratrice e sull’insieme di idee e valori che permeano il mondo dei lavoratori salariati.

Insomma, in questa fase di grandi cambiamenti e di soluzioni innovative nell’organizzazione della produzione, riteniamo di dover indagare la strutturazione della nuova classe lavoratrice chiedendoci se e come questa sua composizione tecnica ne influenzi la capacità di lotte e resistenze,tanto nel nostro paese quanto nel resto del mondo. Questo anche per provare a capire quanto le più moderne tecnologie digitali stiano aiutando il capitale non solo a standardizzare sempre di più il lavoro, ma anche a controllarlo in forma sempre più sofisticata, tanto da spingere il tempo di lavoro ben oltre i suoi limiti contrattuali per farlo coincidere con quello di vita, come accade per il lavoro a domicilio (in Italia ribattezzato “smart working”) o per il lavoro tramite piattaforme digitali.

Ma ora mi pare di aver parlato fin troppo e quindi passo la parola a Paolo Barrucci affinché ci aiuti nel necessario lavoro d’indagine che ho cercato di delineare.