CCNL gomma-plastica: verso l’ennesimo rinnovo al ribasso

ALLCA CUB

La piattaforma presentata da Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil in occasione del rinnovo del Ccnl gomma-plastica che andrà in vigenza nel triennio 2023/2025, conferma la linea di conciliazione di classe ormai peculiare e identitaria delle direzioni dei sindacati confederali, tanto che in taluni passaggi si fatica persino a comprendere se il testo in oggetto sia stato scritto da organizzazioni sindacali o da Confindustria.

Scorrendo le dieci pagine della piattaforma emerge con chiarezza la sovrabbondanza di elementi che con la vita quotidiana e concreta dei lavoratori nulla hanno a che fare, partendo proprio dal ribadire l’esigenza di un consolidamento delle relazioni industriali, senza nemmeno fare un minimo di bilancio critico verso quelle stesse “relazioni industriali” che hanno prodotto l’impoverimento generale dei lavoratori, lasciando sul terreno potere d’acquisto e diritti. Su questo basti pensare all’utilizzo di espressioni quantomeno ambigue, come “sistema Paese” (che cosa sarebbe mai un “sistema Paese”? Un sistema in cui c’è solidarietà tra sfruttatori e sfruttati?).

Cercheremo a seguire di fare una sintesi dei problemi che riscontriamo nel documento, con lo scopo di fornire ai lavoratori una contro-informazione che crediamo essere necessaria.

Un’ultima cosa prima di entrare nel merito: al momento della pubblicazione di questo documento, alle Pirelli di Bollate e di Novara, così come in altre fabbriche dove siamo presenti sindacalmente, non sono state fatte le assemblee di presentazione della piattaforma. Nonostante questo, in data 9 novembre è uscito un comunicato stampa delle tre segreterie di Filctem, Femca e Uiltec dal titolo trionfale: “Ccnl gomma plastica. I lavoratori dicono sì alla piattaforma per il rinnovo 2023-2025”. Anche questo la dice lunga sul concetto di trasparenza e democrazia che hanno le direzioni di questi sindacati.

 

La sicurezza dei lavoratori dev’essere tutelata dagli stessi lavoratori 

Nella piattaforma presentata da Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil, si affrontano i temi legati alla sicurezza in modo “congiunto” tra rappresentanti dei lavoratori e responsabili aziendali sia nella formazione che nei momenti di informazione. Noi crediamo che questa sia un’impostazione scorretta perché non possono esserci visioni comuni tra chi presta la sua forza lavoro per sopravvivere e chi quella stessa forza lavoro la sfrutta per fare profitto.

 

Inoltre dobbiamo ravvisare che il combinato tra il dlgs 81/08 e l’accordo di rappresentanza del 10 gennaio 2014, recepito nel nostro Ccnl, inficia la libertà democratica di elezione del Rls, poiché la legge indica di eleggere o designare i Rls, nelle unità con più di 15 dipendenti, all’interno delle rappresentanze sindacali (Rsu, dove sono costituite) e le Rsu disciplinate dall’accordo del 2014 escludono le oo.ss non firmatarie. Un’ulteriore figura di rappresentanza circoscritta al tavolo della concertazione tra Confindustria e le direzioni sindacali che essa accetta.

 

Enti bilaterali, osservatori, commissioni paritetiche

Gli enti bilaterali sono, per lo più, organizzazioni non riconosciute regolate dal diritto privato, non obbligate a presentare bilanci pubblici e non sottoposte ad alcun controllo. Dovrebbero erogare servizi relativi a temi come previdenza, sanità, formazione e sostegno al reddito.

La piattaforma per il rinnovo del Ccnl gomma-plastica conferma il rafforzamento degli enti bilaterali. Quello che è importante spiegare è che questi enti sono finanziati da quote pagate, da una parte, dal padrone, che anziché aumentare i salari mantiene questi baracconi inutili; dall’altra, dai lavoratori, tramite trattenute occulte e coercitive sulle buste paga, per la precisione con un prelievo che va dallo 0,30 % allo 0,50 % e che può arrivare fino all’1%.

Gli enti bilaterali costituiscono l’ossatura contrattuale del finanziamento indiretto agli apparati sindacali e, nei fatti, hanno un effetto corruttivo verso dirigenti sindacali opportunisti, che saranno incentivati a sabotare le lotte barattando pace sociale in cambio della possibilità di accesso a quote di un giro di denaro plurimilionario e a un’ampia disponibilità di poltrone in vari consigli di amministrazione.

 

Welfare aziendale

Viene ribadito lo strumento del welfare contrattuale (o aziendale), che non solo vincola noi lavoratori a un ristretto ventaglio di scelte su come spendere i soldi del premio di risultato ma, in quanto defiscalizzato, permette agli industriali di tenersi in tasca i soldi destinati alle nostre pensioni e alla sanità pubblica universale, contribuendo a peggiorare, anche in prospettiva, le condizioni di disagio economico di tutti i lavoratori e delle loro famiglie.

 

La contrattazione di secondo livello

Il rafforzamento della contrattazione di secondo livello (aziendale)  rispetto a quella di primo livello (nazionale), rappresenta l’esatto opposto della strada che servirebbe percorrere: così facendo si lasceranno le realtà più piccole e meno sindacalizzate in balia di sé stesse, accrescendo la disparità contrattuale tra lavoratori della medesima categoria. Da anni assistiamo, da parte dei burocrati sindacali, al ping pong tra primo e secondo livello, in cui sistematicamente vengono frenate  le vertenze nazionali con la promessa di portare avanti le rivendicazioni nei contratti aziendali e, viceversa, vengono chiuse in fretta le vertenze aziendali raccontando ai lavoratori che faranno battaglia nei rinnovi del Ccnl.

A questo dobbiamo aggiungere che dopo il famigerato art. 8 del Decreto Sacconi del 2011, è possibile fare accordi aziendali prevedendo condizioni peggiorative rispetto alle disposizioni di legge e della contrattazione nazionale. Motivo in più per evitare il rafforzamento delle contrattazioni di secondo livello a discapito del primo livello, fermo restando che la gestione concertativa e conciliante delle direzioni dei sindacati confederali in sede di rinnovo dei Ccnl è altrettanto deleteria. E a dimostrarlo con evidenza inoppugnabile è sufficiente vedere il costante e incessante impoverimento contrattuale ed economico dei lavoratori negli ultimi anni, che (come dimostrano i dati Ocse) ha reso l’Italia l’unico Paese europeo ad avere perso in potere d’acquisto dei salari dal 1990 a oggi.

 

Appalti

Gli appalti di parte del processo produttivo non vanno regolati: vanno semplicemente aboliti!

Per prima cosa è importante distinguere tra parti del processo produttivo o lavori ad esso correlati (manutenzione e revisioni macchinari) e servizi (mensa, pulizie e lavori di manutenzione agli stabili): i primi non vanno esternalizzati, i secondi devono essere equiparati economicamente e contrattualmente ai lavoratori del committente.

Nel testo presentato dalle segreterie di Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil si riesce perfino ad asserire: “Monitorare con cura ed evitare che il ricorso all’appalto sia finalizzato ad una riduzione dei costi per l’impresa appaltante a discapito dell’efficienza”.

Diviene addirittura difficile commentare una tale assurdità: e per quale altro motivo dovrebbe appaltare un padrone se non per risparmiare?! L’inefficienza poi vien da sé, poiché pure il padrone dell’impresa appaltatrice vorrà risparmiare e lo farà (come sempre accade) sui lavoratori e sulla qualità del servizio. È il capitalismo, bellezza!

 

Lavoro interinale

Si scrive nel testo la volontà di limitare l’uso di lavoro temporaneo e a somministrazione. Peccato che allo scorso rinnovo abbiano accettato l’aumento del tetto di lavoratori precari dal 25% al 33%, vale a dire da un quarto a un terzo del personale dipendente per ogni unità produttiva.

 

Aumento salariale

Per quanto riguarda la richiesta di aumento salariale per un importo di 205 euro al livello F, evidenziamo quattro aspetti che riteniamo essere determinanti per il conseguimento di quanto rivendichiamo: 1) l’importo in oggetto, come sempre, è lordo ed è calcolato sul livello F (livelli inferiori con paghe già inferiori riceveranno anche, come sempre accade, aumenti sensibilmente inferiori); è bene ricordarlo una volta di più, proprio per evitare che i lavoratori si illudano di lottare per un aumento di 205 euro nel salario netto; 2) le consuete tranche ripartite nel triennio non permettono ai lavoratori di recuperare al più presto, neppure teoricamente, il terreno perduto in termini di potere d’acquisto; 3) senza l’organizzazione di un percorso di lotta, quello che otterremo sarà, nella migliore delle ipotesi, quanto pattuito a tavolino tra padroni e burocrati sindacali (storicamente briciole); 4) 205 euro è una richiesta avanzata in piattaforma: anche qui, storicamente, trattasi di un importo molto distante da quanto viene ottenuto a contratto rinnovato.

 

Fondo di categoria

Viene ulteriormente incentivata l’adesione al Fondo Gomma Plastica, con la richiesta di una quota aggiuntiva di contribuzione versata dalle aziende e dai lavoratori e relativa penalizzazione del TFR. La pensione che un tempo appariva come un naturale diritto per i lavoratori anziani dopo decenni di sacrifici e che univa i salariati in una sorta di patto intergenerazionale, ora non solo viene rinviata sempre più avanti negli anni, ma viene anche in larga parte legata all’andamento dei mercati. Un vero e proprio investimento per cui i lavoratori dovranno guardare con apprensione alle fluttuazioni di mercati sempre più instabili, e a prezzo di tutto o di parte del proprio TFR.

 

Dobbiamo invertire la rotta e lottare per i nostri diritti

Noi pensiamo, al contrario di tutto questo, che dobbiamo lottare per un rinnovo contrattuale che quantomeno recuperi quanto abbiamo perso negli ultimi anni, sia in potere d’acquisto sia in diritti.

Crediamo pertanto che la piattaforma di rivendicazione per il Ccnl che interessa i 140mila lavoratori delle 5.500 aziende del settore gomma-plastica debba contenere i seguenti punti:

 

  • Abolizione degli enti bilaterali e di tutte le trattenute occulte dalle buste paga dei lavoratori;
  • Abolizione di qualsiasi forma di welfare aziendale dalle contrattazioni di primo e di secondo livello;
  • Rafforzamento della contrattazione nazionale per conquistare pari diritti per tutti i lavoratori della categoria;
  • Abolizione dell’indice Ipca che lega gli aumenti salariali senza considerare i costi energetici;
  • Abolizione della clausola di tregua sindacale che impegna le parti a non intraprendere iniziative unilaterali (sciopero, per chi non avesse capito) 6 mesi prima e un mese dopo la scadenza del contratto e comunque per un periodo complessivamente pari a 7 mesi;
  • Abolizione di ogni forma di lavoro straordinario, trasformando l’eventuale lavoro eccedente in ferie e riposi aggiuntivi da consumare entro 18 mesi dall’anno di maturazione;
  • Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario come misura per contrastare la disoccupazione e conciliare più favorevolmente i tempi vita/lavoro;
  • Divieto di esternalizzare parti, sia dirette sia indirette, del processo produttivo;
  • Abolizione del lavoro precario che espone i lavoratori al ricatto occupazionale: un ricatto che depotenzia le loro possibilità di lotta per le loro condizioni economiche, contrattuali e di sicurezza sul lavoro;
  • Una rappresentanza libera e democratica, dove i lavoratori possano scegliere da chi farsi rappresentare e in quale sindacato organizzarsi e dove la ripartizione dei seggi e l’assegnazione dei seggi ripartiti siano pratiche adottate coi criteri di trasparenza e proporzionalità;
  • Aumento salariale di almeno euro 300 al livello più basso in un’unica tranche a decorrere dalla firma del contratto. Tale importo dovrà essere maggiorato di una quota relativa alla vacanza contrattuale calcolata in modo da non perdere nemmeno un euro rispetto alla cifra dovuta.

 

 

Conclusioni

Per concludere e tirare le fila di queste nostre osservazioni, crediamo sia utile giungere a una sintesi articolata in tre punti fondamentali e complementari fra essi: la visione politica, i contenuti sindacali, il metodo.

La visione politica, a nostro modo di vedere, si dovrebbe basare sul fatto che gli operai e gli industriali hanno interessi differenti e che, sulla base di questo, gli operai devono organizzarsi e lottare per perseguire i loro interessi esattamente come fanno (benissimo) gli industriali, rivendicando l’aumento del loro potere d’acquisto, dei loro diritti e delle loro condizioni di sicurezza e di salute. Di qui muove la critica ai contenuti sindacali della piattaforma per il rinnovo del Ccnl gomma-plastica: la richiesta di rafforzamento e di consolidamento di istituti lontani dall’essere d’aiuto alla vita quotidiana dei lavoratori, nonché di meccanismi contrattuali che rischiano di frammentare e indebolire ulteriormente la nostra classe, già duramente penalizzata da una lunga sequela di rinnovi sindacali ogni volta peggiorativi. 

In tutto questo non sono evidentemente secondarie le differenze nel metodo e nella concezione del “fare sindacato”; una concezione che per noi dev’essere democratica e partecipativa, che sconfessi la delega in bianco a funzionari e dirigenti sindacali estranei ed esterni al mondo del lavoro. Il sindacato è un’organizzazione di lavoratori, ciò significa che i lavoratori sul campo devono essere alla testa dei loro sindacati. È necessario ripartire da qui, dalla democrazia operaia, dalla partecipazione, dall’autorganizzazione dal basso, dall’indipendenza dalle organizzazioni dei padroni e dall’autonomia da altre organizzazioni del movimento operaio.

Ripartiamo da noi! Questo potrebbe essere il nostro slogan. Questo è il modello di sindacato che vogliamo costruire insieme a voi, nelle fabbriche e in ogni luogo di lavoro.

 

 

Contributo realizzato dai lavoratori Pirelli dei siti di Bollate e Bicocca iscritti Allca-Cub e Usi-Cit