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A 7 ANNI DALLA MORTE DI TIBONI

LE SUE E LE NOSTRE BATTAGLIE

Piergiorgio Tiboni ed altri parlono in FIM-CISL XII congresso territoriale dei sindacalisti, 26-28 Aprile 1989.

Per celebrare il settimo anniversario della scomparsa di Piergiorgio Tiboni abbiamo deciso di ripubblicare una serie di materiali d’epoca con il fine di restituire alla sua figura ed alla sua opera l’importanza che meritano nel panorama del sindacalismo italiano. Non si possono capire le peculiarità della Nostra confederazione se non si tiene conto dei legami con una battaglia, iniziata nel corso della seconda metà degli anni Settanta, per la difesa intransigente di una prassi sindacale autenticamente conflittuale, contrattualmente avanzata, autonoma ed anticapitalistica. Per chiarire quanto detto, i documenti che pubblichiamo di seguito e di cui offriremo un breve commento ricostruiscono diversi aspetti di una storia sindacale eretica, in quanto contraria a qualsiasi forma di accomodamento burocratico e di compatibilismo moderato, che continua ancora oggi.

Il primo contributo è l’intervento integrale tenuto da Piergiorgio Tiboni, rinvenuto negli archivi di Radio Radicale, al decimo congresso della Cisl tenutosi a Roma nel 1985. Prima di analizzarne il contenuto, bisogna soffermarsi  brevemente su alcune date che definiscono il momento storico che stava attraversando il movimento sindacale ed operaio in Italia: 1) nel 1980, con la cosiddetta marcia dei 40 mila quadri ed impiegati Fiat, si concluse simbolicamente la stagione di importanti conquiste operaie inaugurata all’inizio degli anni Sessanta; 2) il 1984, invece, fu l’anno in cui venne firmato il famigerato accordo di San Valentino con cui il Governo Craxi tagliò 3 punti della Scala Mobile ed iniziava, di conseguenza, quel percorso verso l’istituzionalizzazione di un sistema di relazioni industriali bastato sui principi della “Concertazione Sociale”  e della “moderazione salariale” sanciti negli accordi interconfederali del 1993; 3) il X Congresso della CISL fu l’ultimo di Pierre Carniti come segretario confederale. Il grande “innovatore” ed il sindacalista che più di tutti seppe interpretare i contenuti rivendicavi più avanzati ed egualitari espressi dal movimento operaio durante l’Autunno Caldo, concluse il suo mandato divenendo l’ispiratore di una svolta di linea sindacale moderata che interiorizzava la necessità di salvaguardare gli equilibri sociali e politici del sistema capitalistico e della disciplina in fabbrica.

 Ebbene, contro tutto questo si diresse l’intervento di Piergiorgio Tiboni partendo dalla semplice constatazione dell’esistenza di uno scarto tra obiettivi dichiarati e risultati concreti ottenuti. Il filo del suo ragionamento, infatti, seguì una logica ferrea: egli iniziò dal riconoscere l’esistenza di una profonda crisi di legittimità che investiva tutto il movimento sindacale, causata dell’accettazione della cosiddetta “politica dei redditi”, a cui fece seguito un periodo di particolare riottosità tra le varie sigle sindacali (ricordiamo solo la fine dell’esperienza unitaria della FLM). Se da un lato, egli non fece sconti alla CGIL, accusata in molte situazioni di lasciare mano libera al padronato nei processi di ristrutturazione, dall’altro ricordò come fosse necessario imporre un diverso tipo di politica economica che andasse a colpire i profitti e gli interessi di quelle classi sociali che maggiormente si erano arricchite durante il periodo di alta inflazione. Inoltre, egli inserì il suo ragionamento all’interno di una critica al concetto di sviluppo, intenso esclusivamente secondo parametri quantitativi. Dunque, non solo a suo parere era una pia illusione affidare la risoluzione dei problemi dei lavoratori alla ripresa dell’accumulazione capitalistica, ma ricordava – al contrario – come il taglio della scala mobile avesse provocato un indebolimento della capacità contrattuale del movimento operaio. Il rilancio di una reale prassi rivendicativa, a tutti i livelli possibili, poteva rappresentare la chiave di volta per uscire da una situazione che iniziava  a mostrare il dilagare di disoccupazione, bassi salari e cattive condizioni di lavoro – fenomeni che oggi sono letteralmente esplosi. Infine, l’ultima tematica sollevata da Piergiorgio Tiboni in quel consesso fu quella di una autentica autonomia del sindacato da partiti, padroni e governi come unico orizzonte per poter riannodare i fili di una prassi sindacale realmente unitaria tra le organizzazioni, pur nel rispetto delle diverse tradizioni sindacali,politiche ed ideologiche. Con il senno del poi, non si può non riconoscere a questo intervento – sicuramente in largo anticipo sui tempi – una notevole capacità previsionale sulla pericolosa china che la triplice confederale iniziava a percorrere e che, ai nostri giorni, ha portato queste organizzazioni ad assumere il ruolo di garanti della pace sociale nei luoghi di lavoro e nella società.

Il secondo è un articolo, pubblicato sull’Unità in data 20 Agosto 1987, che racconta dello scontro in corso tra la FIM di Milano, raccolta intorno a Piergiorgio Tiboni, e la FIM nazionale di Raffaele Morese. Come abbiamo più volte ricordato, l’oggetto del contendere fu l’assoluta indisponibilità ad una “normalizzazione” del contenuto delle rivendicazioni sindacali – in diverse vertenze provinciali, non ultima quella all’Alfa Romeo di Arese – opposto dalla struttura milanese contro un centro nazionale ormai deciso a chiudere definitivamente i conti con una stagione di protagonismo dei lavoratori e delle lavoratrici. Di notevole interesse, come ricorda lo stralcio, fu il tentativo operato da Piergiorgio Tiboni di sbloccare la situazione (in anticipo rispetto al definitivo commissariamento) rassegnando prima le sue dimissioni – sotto la scure di un processo disciplinare interno che si concluderà con una sua sospensione di otto mesi – e poi promuovendo un ricambio nei ruoli dirigenziali che porterà all’elezione nel ruolo di segretario di Dionisio Masella, delegato di primo piano dell’Alfa Romeo di Arese. Solamente l’uscita dalla FIM-Cisl del gruppo dirigente milanese e la fondazione della FLMU chiuderà definitivamente “il caso Tiboni” ed inaugurerà una damnatio memoriae sulla sua figura, facilmente riscontrabile nelle pubblicazioni – libri ed interviste – dei principali protagonisti cislini di quel periodo[1].

Il terzo documento è la trascrizione integrale, liberamente scaricabile dal sito sindacalmente.org, dei materiali pubblicati intorno al “Caso Tiboni” sul numero 30 anno 1987 apparsi su Azimut (per chi non lo sapesse, la Fim di Milano per diversi anni pubblicò una rivista di approfondimento teorico di notevole spessore teorico e qualità analitica). La lettura di quanto riportato, è utile non solamente per inquadrare le pretestuose modalità con cui fu portato avanti l’attacco personale a Piergiorgio Tiboni ed all’organizzazione che lui rappresentava, ma vi è in quelle pagine anche un insegnamento di metodo ossia che la risoluzione per via amministrativa di controversie politiche non sia una strada foriera di particolari successi. Forse, è bene che si rinfreschi la memoria chi, pessimo scolaro di una storia che pare aver dimenticato (ma di cui millanta una appartenenza sia pure indiretta!), oggi nella vita della Nostra confederazione pare voler riesumare metodi di direzione che ci riporterebbero indietro nel tempo alle scomuniche, ai provibiri ed ai commissariamenti illegittimi. Al contrario, sulla base dell’esperienza storica della FIM di Milano, sappiamo che per fare un salto di qualità, in direzione di un sindacato tendenzialmente di massa, dobbiamo partire dallo sviluppo di una reale identità sindacale che sappia valorizzare e non mortificare le autentiche spinte conflittuali dei lavoratori e delle lavoratrici. Non è accettando accordi a ribasso o il baratto tra diritti sindacali e limitazioni al diritto di sciopero che è possibile invertire i rapporti di forza in questa società. È nella nostra storia, ormai pluridecennale, che possiamo trovare gli anticorpi contro atteggiamenti di chiusura burocratica che vorrebbero ricondurre l’azione sindacale o in maniera ancillare alla strategia del partito politico di turno oppure alla tutela degli interessi di una casta di dirigenti nazionali autoreferenziali.

 

L’ultima intervista, datata luglio 2010, è apparsa in una pubblicazione curata da due giovani ricercatori di aria cislina (Francesco Lauria e Silvia Stefanovichj) e riveste un’importanza particolare[1]. Il lettore attento, potrà facilmente notare che se sul piano dell’analisi Piergiorgio Tiboni non aggiunga nulla di particolarmente diverso a rispetto quanto ha sempre sostenuto, vi è però un riconoscimento non scontato – da parte degli intervistatori – del suo ruolo nella storia della confederazione cattolica (non scontato, se prendessimo come pietra di paragone quanto affermato – con una notevole caduta di stile – intorno alle vicende appena ricordate da un illustre intellettuale come Guido Baglioni[2]). Da questo punto di vista, riteniamo che sia giunto il momento di riconoscere – anche in ambienti “più ufficiali” – a Piergiorgio Tiboni ciò che egli è realmente stato ossia il dirigente sindacale nazionale che, nella maniera più coerente, ha cercato di contrastare non solo l’involuzione burocratica e centralista di quella che per alcuni decenni fu la sua organizzazione sindacale di appartenenza, ma anche le premesse storiche di quella prassi di concertazione tra le parti sociali che tanti danni ha causato e sta causando alla classe lavoratrice in questo paese. La verità, dunque, fu che in un clima generale di sconfitta e di accettazione di compromessi a ribasso, l’esperienza della FIM di Milano doveva essere riportata nell’alveo delle linee confederali moderate per dimostrare che nessuna alternativa era possibile alla “normalizzazione” padronale[3]. Dalla sua intransigenza e dalla sua ostinazione di all’ora nacque prima la FLMU e poi la CUB.

[1] Si prenda, a titolo di esempio, la ricostruzione offerta da Gianni Italia della vicenda in questa intervista: https://www.fim-cisl.it/wp-content/uploads/2016/01/Gianni-Italia.pdf

[2] A tu per tu con il sindacato Dialoghi di relazioni sindacali e di lavoro, Giuffrè editore, 2010.

[3]  I giudizi di Guido Baglioni sulla vicenda dello scontro tra la FIM di Milano e la FIM Nazionale si possono reperire al seguente link: https://www.fim-cisl.it/wp-content/uploads/2015/10/Guido-Baglioni.pdf

[4] Tra i vari ricordi usciti sulla stampa nazionale per ricordare la figura di Piergiorgio Tiboni, non possiamo non richiamare quello di Adriano Serafino che si distingue per la sua onesta intellettuale (con tratti perfino autocritici): https://ilmanifesto.it/la-coscienza-operaia-di-giorgio-tiboni